Ascrèa libbera

La mattinata del 25 Aprile 1945, esattamente 75 anni fa, ad Ascrea cominciò come una qualsiasi giornata. Nello “Stradone”, il silenzio apparente è rotto dal suono delle trasmissioni dell’EIAR , trasmesse dalla radio del Maestro Spaziani, uno dei pochissimi se non l’unico apparecchio radiofonico presente ad Ascrea, che il maestro, allora anche Podestà, metteva alla finestra in occasione delle comunicazioni importanti.

Gli ascreani quel giorno sentirono risuonare tra le vie del Borgo che la Guerra era finita, che l’Italia era libera. Molti giovanotti di Ascrea, tra cui il giovane Alcide, si arrampicarono sul campanile e iniziarono a suonare le campane a festa per trasmettere la loro gioia a tutta la popolazione e ai paesi circostanti.

Don Portigliatti, il parroco, che allora risiedeva nella “Casa ‘e llu Prete” (oggi sede dell’Associazione Pro Loco), uomo che si ricorda tanto per le sue doti di sacerdote quanto per la sua instransigenza e severità verso i giovani, corse al campanile ma non riuscì nell’intento di fermare i ragazzi.

Riconosciuto Alcide, il parroco corse giu per le scale fino allo stradone, che intanto si era riempito di persone incredule e festanti, e rivolgendosi al padre del giovane, denunciando la condotta poco rispettosa della “stuttura sacra” esclamò: “Amaranto, Alcide suona le campane!!!” e ottenne di tutta risposta: “Lassalu fà, che quanno fenìsce ce vado io!”.

Cosi Ascrea, come tutta l’Italia, si trovò libera dalla guerra e dall’assedio straniero.

Si racconta di un altro episodio in cui fu protagonista l’ormai famoso sacerdote qualche giorno più tardi.

Essendo i tedeschi scappati da Ascrea di fretta, avevano lasciato a terra, lungo lo stradone, diversi cavi elettrici che utilizzavano per le comunicazioni radio probabilmente. Alla vista di quei “fili preziosi” abbandonati in terra, Pippo, il calzolaio del paese, iniziò ad arrotolarli partendo da “San Rocco”, sperando di poter ricavare qualcosa dal rame all’interno.

Stessa cosa fece nel medesimo momento Don Portigliatti dalla Piazza e, quando si incontrarono, iniziò una disputa su chi dovesse prendere quei cavi. Il prete tirava dalla sua parte e intimava al povero Pippo di lasciare la presa e Pippo si rifiutava categoricamente di lasciare il suo “bottino”. Intanto sullo stradone si erano radunate parecchie persone ad assistere alla comica contesa di quei cavi. Alla fine il parroco, scoraggiato, lasciò la presa esclamando: “ Io di Pippo me ne impippo!” e se ne andò accigliato verso la Casa Canonica.

Storia rielaborata dal racconto di Anna Baldassarri.