Jamoce a repijà ‘a Madonna
Chi conosce e frequenta Ascrea sa benissimo dell’eterna contrapposizione con gli abitanti di Paganico Sabino.
Alle origini di questi dissapori non si sa bene cosa ci fosse di preciso: probabilmente soltanto un “orgoglio campanilistico” tra due paesi così vicini e così simili tra loro, probabilmente delle ragioni storiche che videro i primi insediamenti ascreani qui dove oggi sorge il paese, quando Paganico poteva già vantare una “storia” in queste zone; fatto sta che da sempre c’è stata questa avversione fra gli abitanti dei due paesi che dominano il Lago del Turano e la Gola dell’Obito.
Di tutto questo ne abbiamo testimonianza da una serie di racconti che da sempre vengono tramandati di padre in figlio e di nonno in nipote, che trovano una sintesi nel detto popolare “I MATTI ‘E L’ASCRÉA E LI SFARRUNI ‘E PAGANECU” che di certo, per “par condicio” come si direbbe parafrasando oggi, non elogia le qualità di nessuna delle due popolazioni.
Forse la storia più celebre, quella che si potrebbe chiamare la più grande “ferita aperta”, su cui si fonda quella che una volta era vera e propria rivalità tra popolazioni, oggi scemata in scherno tra ragazzi, è la storia della “Madonna della Grotta di Mirandella” sulla quale ancora oggi si raccontano versioni assai discostanti, proprio perché ne esistono alcune filo-ascreane e alcune filo-paganichesi .
La storia (ascreana), ambientata in un tempo non ben precisato, narra di una bambina che, raccogliendo lumache nelle vicinanze della “rótta ‘e Mirannella”, vide apparire di fronte a se una bella signora con un abito di raso verde e i capelli sciolti sulle spalle, che alla domanda della bambina “Addò và femmona mé?” Rispose “Non vado da nessuna parte ma tu devi andare dal prete e dirgli che mi deve venire a prendere e mi deve portare in un posto dove si vede Paganico, Ascrea e questa grotta qui”.
La bambina si precipitò lungo il costone della montagna verso Ascrea e disse al prete quello che la signora misteriosa le aveva riferito, ma il prete si mise a ridere e non le volle credere. Il giorno dopo la bambina tornò dalla signora che la aspettava nella grotta. “Non ti hanno voluto credere, eh? Adesso ti crederanno tutti quanti” esclamò la signora, sputando sulla manina della bambina, e continuò: “Non aprire la mano finché non arrivi dal prete” e di nuovo la bambina tornò verso il paese con la manina serrata. Arrivata dal prete, riaprì la mano trovandosi una pallina d’oro e raccontò l’accaduto. A quel punto il prete e altri ascreani si fecero portare dalla bambina verso la grotta di Mirandella passando per gli stretti sentieri della strada della Mola. Giunti alla grotta non trovarono la signora ma un bel quadro che la raffigurava, allora il prete incredulo escalmò: “Véssa ha vista ‘a Madonna!” , presero il quadro e lo portarono in Chiesa ad Ascrea. Il giorno seguente, quando molte persone vennero a sapere dell’accaduto, si recarono in Chiesa per vedere il quadro della Madonna, ma non c’era più. Cerca e cerca lo ritrovarono appeso su una roccia alla “Salve Regina ‘e Paneku”, lungo il sentiero della mola che unisce Ascrea e Paganico, oggi nei pressi dell’inizio del centro abitato di Paganico.
D’altronde la “Signora” era stata chiara: voleva stare dove si vedeva Paganico, Ascrea e la grotta di Mirandella, mentre dalla Chiesa di Ascrea si potevano vedere i due paesi ma non la “sua” grotta.
A questo punto la storia si fa poco chiara perché secondo alcune fonti gli ascreani e i paganichesi fecero una colletta per costruire quella che oggi è la “Chiesa della Madonna”, proprio lì dove il quadro si era andato ad affiggere.
Altre fonti (paganichesi) invece vedono una dura contrapposizione tra le due popolazioni nel contendersi il prezioso quadro (in alcune versioni statua) che, dopo la prima Sparizione dalla Chiesa di Ascrea per tornare misteriosamente nella ormai famosa grotta, sarebbe stato riportato in Chiesa e rinchiuso sotto una “bigoncia” con il sospetto che qualcuno nottetempo lo riportasse alla grotta; la mattina successiva trovarono al posto della sacra raffigurazione un messaggio: “Paganeku e lla ‘Skrea refate Pace! Addò guardo Mirannèlla devo jàce!” .
Allora la “Madonna” fu portata a Paganico e venne costruita la Chiesa della S.S. Annunziata (chiamata da tutti Chiesa della Madonna) e il 25 Marzo di ogni anno si tenevano in quella chiesa i festeggiamenti della Madonna a cui partecipavano gli abitanti di Ascrea e quelli di Paganico.
Questa tradizione si è protratta fino agli anni 50/60 del secolo scorso, qualcuno dei nostri anziani ancora si ricorda i festeggiamenti della “Madonna di Marzo” e ancora oggi qualcuno di loro sogna di “riprendersi la Madonna” di cui si “appropriarono” i paganichesi.
Di certo dietro tutte queste storie e leggende c’è che molti Ascreani e Ascreane hanno trovato il consorte a Paganico e viceversa, NONOSTANTE TUTTO.
In memoria di Lino Domenici, che durante un pranzo d’Estate, esclamò la frase che abbiamo messo come titolo.
Racconto tratto liberamente dai libri “ASCREA… come eravamo” di Maria Clara Dominici e “STORIE DISPERSE” di Anastasio Spagnoli.